martedì 20 maggio 2014

Dalle ricerche in bliblioteca ai link di google.


Quante cose sono cambiate! La rivoluzione di internet fa sentire obsoleti persino chi ha superato quarant'anni.

di Maria Grazia Tumbarello.

Quando la mia maestra una trentina di anni fa ci assegnava l'ennesima ricerca di gruppo, era prassi riunirsi e recarsi in massa presso la biblioteca locale dove scompaginare (è davvero il caso di definirlo così!) libri e libroni di quelle stanze ammuffite e invecchiate dall'uso dei tanti presenti di allora.
Quando la mia maestra una trentina di anni fa ci assegnava l'ennesima ricerca di gruppo, era prassi riunirsi e recarsi in massa presso la biblioteca locale dove scompaginare (è davvero il caso di definirlo così!) libri e libroni di quelle stanze ammuffite e invecchiate dall'uso dei tanti presenti di allora.
Non ricordo cosa ne venisse fuori, certo qualcosa di buono se, vado a naso, la maggioranza delle ragazze che frequentavo, oggi ricoprono quasi tutte incarichi di rilievo.
Non c’era il computer allora, se non in forma rudimentale e nelle case dei più ricchi; internet non faceva capolino neanche nelle teste dei più progressisti; sapevamo di poter contare solo sui libri, e magari su qualche dritta di qualche genitore preparato o della bibliotecaria in vena di solidarietà.
Non era possibile intessere i collegamenti tra i saperi che oggi vanno tanto per la maggiore se è vero, come è vero, che sul web per ogni pagina di interesse se ne aprono potenzialmente ed esponenzialmente centinaia di altre affini cui affidarsi per completare le fasi della ricerca.
Oggi, complice una tecnologia impensabile anche solo vent’anni fa, tutto appare possibile, ogni branca del sapere è sostanzialmente documentata e , per usare il linguaggio cyber in uso oggi, appropriatamente “linkata”.
Peccato che, per quantità di materiale presente in rete (per non parlare di quello non visibile, ma comunque potenzialmente sfruttabile, che va sotto il nome di “web sommerso”), non sempre corrispondano né qualità adeguata, che spesso deriva dai mancati controlli sulle fonti, talora disparate e di indubbia professionalità, né dovute competenze sul campo.
Inoltre,  proprio la mole di materiale presente e continuamente sfruttata, spesso depositata alla rinfusa nelle migliaia di pagine web, anche a distanza di anni da quando il fatto o la notizia hanno iniziato ad avere rilevanza, tendono a confondere, a costipare le menti dei frequentatori, ad abbassarne la soglia di critica, a intasare i cervelli di notizie poco pregnanti, quando non inutili, dannose o fittizie.
Il fenomeno, in costante crescita non solo nei giovani e nei colti, ma trasversalmente in ogni fascia d’età, per ogni ceto culturale e zone di provenienza, è definibile come ingordigia da notizia; e il fatto sorprendente è che, a fronte delle migliaia di informazioni presenti e di pronto uso, non sempre corrisponda un effettivo miglioramento misurabile in aumento della conoscenza personale, in crescita culturale, in incremento delle performance scolastiche.
Saranno aumentate le competenza tecniche, specie quelle fruite dai cosiddetti nativi digitali, figli miei o giù di lì, certo lo stallo l’ha subito la crescita culturale globalmente intesa.
Verifico quotidianamente, dal mio piccolo personale osservatorio che è la scuola media inferiore, come i livelli di cultura generale abbiano subito considerevoli flessioni, checchè gli studi di osservatorio e i refrain dei risultati dei sondaggi indichino; gli adolescenti, più che conoscere, ricordano, più che operare collegamenti brancolano tra notizie spesso lontane tra loro ma apparentemente imparentate (magari solo perché cliccate una in seguito all’altra sul web, e perciò immagazzinate nella memoria con un senso di generica ma improduttiva contiguità).
Alla lunga la memoria deperisce, gli anni attaccano le menti più dotate, e se non si è imparato ad affinare doti di ricerca, di paziente collage significativi tra ambiti del sapere, la cultura sarà mero strumento su cui intessere stucchevoli dibattiti futuri, e non forma mentis su cui orientare il futuro (non è infrequente che la stessa tematica trattata a scuola in due diverse discipline lasci di stucco gli studenti, che non si immaginavano che la parola “illuminismo” potesse trovare degna traduzione in francese, retroterra dove peraltro ha visto i natali).
Senza voler demonizzare i recenti media (dio solo sa quanta fatica io quarantenne abbia approcciato pc e contorni, e quanto gratitudine io riceva ogni giorno da quei ragazzini di cui ora discuto), mi pare maturo il tempo (se non ora quando?) di ritrovare un equilibrio, che non punisca, disconoscendoli, metodi e strumenti “antichi” , e nemmeno seppellisca sotto coltri di condanna quelli nuovi, ma accomuni entrambi nella tensione alla medesima meta, così che possano pienamente  concorrere alla globale crescita culturale e umana di ognuno di noi.
Né giovani né meno giovani esclusi.
Mariagrazia Tumbarello