mercoledì 18 dicembre 2019

La democrazia è una questione di equilibri.


Ogni sistema si compone di più parti, che si tratti di un sistema naturale piuttosto che di un sistema economico o politico. Dalla natura possiamo imparare molto, perché in ogni angolo ci manifesta che l’esistenza delle specie viventi e degli ecosistemi è essa stessa una condizione di equilibri delicatissimi.
Anche se crediamo che le questioni umane di qualsivoglia tipologia siano in qualche modo “artificiose” e lontane da aspetti naturali, in realtà è una concezione non pienamente corretta perché dalla natura possiamo imparare moltissimo. Ogni aspetto umano organizzativo è un sistema di fatto concepito dall’uomo ed è a tutti gli effetti “naturale”. Possiamo tuttalpiù considerare che rispetto agli equilibri biologici e fisici naturali, nei sistemi concepiti dall’uomo, che siano economici, sociali o politici, entrano altre forme di variabilità tipicamente umana, sono quindi sistemi che contengono di fatto vizi e virtù umane.


Il secolo scorso, in tutti i suoi sistemi e nel feroce evolversi storico di cambiamenti colossali nei sistemi politici, economici, tecnologici, tali da riconfigurare completamente il sistema globale, rappresenta il periodo storico più “particolare” che ci ha lasciato in eredità degli squilibri profondi. Il primo più semplice da avvertire è il problema ecologico. Il problema legato all’ecologia (non parlo di clima perché aprirebbe un panorama da approfondire ulteriormente) è esplicativo perché ci insegna che la produzione e l’estrazione di risorse amplificate in modo enorme dalla produttività, dal consumismo e alimentate dalla direzione proposta da un capitalismo estremo. Questo disequilibrio ha prodotto in tutti questi decenni una condizione tale da porre in seria discussione tutto il sistema globale. In natura e persino nell’Universo osservato la dinamica dei sistemi è regolata da leggi fisiche, una su tutte è la termodinamica e l’entropia. Spiegate in modo semplice, in natura non esistono sistemi perfetti, l’evoluzione degli stessi è spiegata anche dal fatto che se vogliamo ad esempio configurare un certo ordine in un sistema si produce sempre e comunque un certo grado di disordine. Un esempio molto semplice è un comune frigorifero il quale per sviluppare una temperatura costante più bassa al suo interno (stato di entropia più basso, quindi ordine) necessita di energia elettrica che per essere prodotta crea una stato di disordine, nondimeno il motore del frigorifero in funzione diventa rovente scaldando l’aria circostante e quindi crea disordine perché il calore implica un movimento caotico e disordinato delle molecole. Questo banale esempio ci insegna che non possiamo ottenere ordine a costo zero, è pressoché impossibile, l’ordine da una parte crea disordine dall’altra. E’ inevitabile!
A livello ecologico quindi ciò che possiamo ricercare non è un equilibrio perfetto, ma piuttosto una migliore condizione di equilibrio possibile che sarebbe quanto mai auspicata. Non è così, perché purtroppo l’intero sistema economico globale ha proteso negli ultimi secoli ad ampliare e rafforzare sempre di più la “macchina capitalista”. Il problema di fondo non insiste sul capitalismo, ma piuttosto su un altro fattore, ossia quanto il capitalismo stesso nelle formulazioni neoliberiste, ha spinto la sua macchina sempre più veloce. Produrre di più ha imposto la cancellazione di alcuni limiti importanti che hanno causato uno squilibrio devastante nell’intero sistema. Basti pensare che la popolazione dei paesi più industrializzati del mondo circa 800 milioni di persone, dispone dell’80% di risorse naturali dell’intero pianeta, il restante 20% è ciò che rimane al resto della popolazione mondiale di 6 miliardi e 200 milioni di persone, alle quali restano le briciole. Già questo dato, nella sua immediatezza, ci illumina sul fallimento del sistema capitalista che molto probabilmente, lo vogliamo o meno, dovrà prima o poi essere corretto e correggerlo non significa trovare un sistema perfetto, ben sappiamo che tale perfezione è impossibile. E’ chiaro che non si può produrre di più in modo illimitato! Non si può pretendere che una massa imponente di individui consumino sempre di più, alzando ogni volta l’asticella e creando una corsa senza alcun senso! Questi sono aspetti sui quali prima o poi l’intero globalismo dovrà farne i conti.
A spingere il capitalismo alle sue estreme conseguenze è il disequilibrio di tutti i sistemi associati, primo fra tutti l’economia. Un’economia che non a caso ci presenta gli stessi identici valori squilibrati, dove l’accumulazione di ricchezza ormai è nelle mani di un esiguo numero di persone. Cito a proposito un numero illuminante. Nel decennio successivo alla grande crisi economica del 2007, quindi nell’anno 2018 soltanto 26 individui possiedono la ricchezza di 3,8 miliardi di persone, ossia esattamente l’intera metà più povera della popolazione mondiale. La Oxfam puntato i riflettori su questo trend perché di anno in anno è inarrestabile. Di questo passo arriveremo ad un pugno di persone che deterrà la ricchezza del resto della popolazione mondiale e non è una condizione molto lontana.
E’ lampante questo disequilibrio che non solo spinge l’acceleratore sulla finanziarizzazione del mondo e sul sistema capitalistico, ma di contro produce un serio disequilibrio nelle democrazie esistenti. Per capire questo ci viene incontro il filosofo Hegel, il quale sottolineò un aspetto importantissimo. Quando un fenomeno aumenta quantitativamente, non c’è soltanto un aumento di quantità ma c’è anche un cambiamento qualitativo di un paesaggio. L’aumento della quantità determina una variazione della qualità. Marx grande cultore di Hegel fu il primo a considerare questo aspetto in una questione non secondaria, perché se è vero quanto dice Hegel, allora non è vero che il denaro è solo un mezzo con il quale produrre beni e soddisfare bisogni, questi non sono più i fini. Se il denaro aumenta quantitativamente al punto tale che diventa la condizione di soddisfare qualsiasi bisogno e produrre qualsiasi bene allora il denaro stesso diventa un fine secondo il quale si vedrà in che misura soddisfare bisogni e produrre beni. L’aumento quantitativo del denaro ha prodotto in tutto il secolo scorso il cambiamento qualitativo di tutti gli equilibri del sistema. Se tutto si riduce al denaro, com’è effettivamente la condizione attuale, allora ben comprendiamo che l’accumulazione di denaro non costituisce più una ricchezza fine a se stessa, ma diventa il potere totalitario dove la stessa democrazia entra in crisi profonda. La bilancia tra denaro e politica non tende ad uno stato possibile (seppur difficile) più prossimo equilibrio, ma pende tutta dalla parte del denaro. In questo la stessa democrazia perde, anzi ha perso e sta perdendo sempre di più l’equilibrio e questo lo vediamo in modo sempre più preponderante in tutte le democrazie occidentali.
Negli ultimi decenni si è assistito chiaramente ad un accumulo di denaro e quindi di potere sempre più devastante delle elite finanziarie e quando l’accumulo di ricchezza supera una certa soglia, si crea un disequilibrio tra potere economico e politico. L’era attuale è lo svolgimento di un capovolgimento di potere importante a livello di tutte le democrazie occidentali, dove la bilancia decisionale pende più verso l’economia e questo genera una condizione di tendenza in grado di influenzare tutti i poteri in gioco. In un certo modo se la politica deve guardare più verso l’economia (come di fatto accade a livelli diversi), ecco che l’elettorato perde la sua rappresentanza. La politica non guarda più verso il suo elettorato ma si rivolge verso l’elite finanziaria perché il potere stesso delle società occidentali più industrializzate è nel denaro. Se al denaro abbiamo dato un potere illimitato di “comprare” pressoché tutto, persino i valori umani, finiamo in un modo o nell’altro in una democrazia squilibrata risollevando un problema antico posto anche durante la fondazione delle prime democrazie occidentali. E’ su questi parametri che negli ultimi quaranta anni abbiamo assistito ad una ristrutturazione completa a diversi livelli di tutte le società occidentali con una forma di controllo e ampliamento delle tendenze al consumo e all’indebitamento. Un progetto di disegno delle società che in qualche modo non è più condotto alla vecchia maniera con un imposizione ideologica totalitarista, ma lo è vendendo meglio lo scenario edonistico del consumo, della competitività estrema sostenuta nello stesso modo dalle elite il cui fondamento è “TUTTO PER ME NIENTE PER GLI ALTRI”. In questo senso il loro motto è diventato anche lo stesso della massa che seppur in difficoltà partendo dalle categorie più in crisi, esse stesse sono in competizione tra loro perché aspirano allo stesso idealistico consumismo delle elite. E’ su questo presupposto che si è persa un autenticità del dibattito pubblico, una rappresentanza delle parti in gioco, una vera e propria crisi dell’equilibrio democratico verso il quale seppur divisi in fazioni politiche, seppur divisi a livello idealistico in qualche modo si dovrebbe sempre tendere ad una forma di equilibrio perché un insieme di individui di qualsiasi nazione, contiene in se delle diversità e il concetto di rappresentanza politica significa in linea di principio rappresentanza delle diversità che una medesima società ha in seno senza alcuna forma di dubbio. Ciò però non dovrebbe implicare una perdita di diritti come ad esempio diritto ad una vita dignitosa, diritto di partecipazione sociale. La società moderna sta producendo l’esatto contrario dove la crisi stessa della democrazia rappresentativa, è mossa fondamentalmente da una profonda crisi culturale. Nella eterna divisione di fazioni politiche e sociali spesso in aspro contrasto e spesso senza alcun dibattito utile tra le parti, si comprende come tali divisioni costituiscono uno strumento utile e un ottimo specchio per le allodole, distogliendo la massa da un elite di potere che sta riprogrammando completamente la struttura di un ordine mondiale dando a ragione a quei critici che sottolineano il fatto di quanto le democrazie stanno diventando plutocrazie, le quali corrispondono alla totale perdita di equilibrio del sistema che proietta in una condizione innaturale.

Alessio Follieri



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