Sala delle Colonne, Camera dei Deputati, convegno della ACMID Donna Onlus contro la schiavitù minorile nel mondo.
Venerdì scorso nella prestigiosa Sala delle Colonne, Camera dei Deputati, la ACMID Donna Onlus presieduta dall'On.le Souad Sbai, si è occupata della drammatica emergenza dei bambini schiavi nel mondo che ha raggiunto numeri agghiaccianti di 400 milioni di minori, schiavizzati, torturati, vittime di abusi, per lavori inumani, dalle miniere, al servizio di industrie delle più grandi multinazionali, fino alla prostituzione.
Per la ACMID Donna Onlus sono intervenuti diversi relatori con rispettivi ambiti professionali per discutere sull'emergenza del problema e su come non sia più possibile ignorare una situazione così grave.
Dai giornalisti Samira Chabib e Amine Bouchaib, alla D.ssa Daniela Francesconi, l'avvocato Andrea Proietti Toppi esperto di diritto internazionale, la D.ssa Annalisa Scepi, la Prof.ssa di Filosofia Angela Basile e gli scrittori Alessio Follieri e Stefano Ursi.
Dopo la proiezione shock di un documentario che ha illustrato numeri, condizioni e trattamenti di milioni di bambini nel mondo, gli interventi dei vari relatori.
L'intervento di Alessio Follieri ha cercato di mettere in luce che sebbene il problema ha una dimensione locale, la grande espansione è a causa di problemi che riguardano l'intera collettività mondiale dei paesi più industrializzati.
Contro la schiavitù
di Alessio Follieri
"Il problema della schiavitù è una piaga che l'uomo trascina
con se dall'inizio dei tempi, ha mutato forme, contesti, ma è innegabile come questo
dramma umanitario sia ancora oggi un'emergenza dai numeri pressoché agghiaccianti.
Vorrei se mi è
concesso, mantenere uno sguardo generale sul problema, un osservazione
filosofica dal mio modesto ruolo di osservatore, mentre gli altri relatori
possono esibire competenze molto più specifiche e dettagliate sull'argomento.
Uno sguardo generale pone una prima domanda essenziale: com'è
possibile? La domanda nasce dal fatto che noi, collocati in una zona specifica
del mondo, viviamo in una condizione sociale che è molto diversa e lontana
dagli orrori della schiavitù ai livelli di cui stiamo discutendo.
E' questo il primo problema essenziale, la nostra visione
sociale d'insieme che è relativa alla nostra appartenenza ad un determinato
territorio, con i suoi problemi ma che è in parte ben diverso e lontano da
condizioni sociali drammatiche in cui riversano milioni di bambini. Questa è la
condizione primaria, a mio avviso che determina in senso generale un'errata
considerazione di un concetto
fondamentale che è il "sistema
umanità". Fino a pochi decenni fa avevamo una precisa considerazione
locale della nostra realtà, la cui comunicazione con altre realtà sociali nel
mondo era sicuramente lontana da quella attuale. E' chiaro che, in modo
particolare in questi ultimi decenni c'è stata una sorta di rivoluzione: voglia
per le conquiste tecnologiche nel campo delle comunicazioni, per relazioni
economiche e per tanti altri fattori. Si sono manifestati quegli elementi
fondamentali secondo i quali oggi si determina una nuova consapevolezza che tuttavia
non è ancora acquisita socialmente e in modo diffuso. Il sistema umanità inteso
come società umana nel suo complesso è profondamente interconnesso. Mentre tempo
fa lo sguardo era nel contesto di una nazione, provincia, città, quartiere,
oggi possiamo dire di poter avere una
percezione molto diversa, nuova. Tutto è intimamente interconnesso. Tuttavia come
ho precedentemente detto il dramma è che questa consapevolezza culturale non è
ancora diffusa.
Il primo problema
essenziale risiede proprio in questo, credere che problemi agghiaccianti come maltrattamenti,
abusi, violenze sui minori siano aspetti lontani da noi ed è questo il primo
errore più grande. La status di questa condizione, si può sottolineare con il
caso tipico a livello di cronache quotidiane. Quando un fatto di sangue molto
grave avviene in una determinata zona, i cittadini di quella zona rimangono
profondamente sconvolti, nasce quel senso di preoccupazione di avvertire il
male in modo molto più vicino, come se l'orrore si trovi improvvisamente dietro
l'angolo di casa. Questo aspetto va ad intaccare in qualche modo quella
perfezione sociale illusoria di sentirci troppo spesso immuni o lontani da
condizioni umane oltre i limiti.
Sfugge il senso stesso, sia etico, sia morale, che non è una
distanza chilometrica a determinare o meno l'esistenza di un problema. Questo a
livello umanistico comporta dei problemi che a mio avviso rappresentano anche
una grave ostacolo a prendere consapevolezza dell'entità di ciò che stiamo
vivendo. Questo determina, "occhi che non vogliono vedere", "voltarsi
dall'altra parte" al cospetto di un problema etico, morale e sociale che
scardina i nostri equilibri interiori. Mentre molte contesti sociali e
nazionali nel mondo sono afflitti da miseria e disperazione, e sono quindi
rimaste indietro, un'altra parte del mondo ha cavalcato l'onda dell'industrializzazione
giungendo ad una sua evoluzione che va in qualche modo definita tale, ma di cui
dovremmo valutarne attentamente i vari aspetti. Cos' ha portato questa evoluzione? A
determinati sviluppi economici e sociali che hanno generato nella nostra parte
di mondo una condizione di competitività tale, dove l'obiettivo essenziale è
quello dell'uomo macchina che deve produrre. All'inizio ciò è stato vissuto
come sogno velleitario, quello della conquista sociale, dello "status quo",
che ha portato nel secolo scorso ad una sorta di rincorsa spietata e almeno da
due decenni stiamo vivendo direttamente quali sono i gravi esiti. Stiamo osservando
attualmente cosa significa e significava anche allora porre il profitto prima dell'uomo, ed è questo
il risultato. Qui rimando ad una citazione di Erich Fromm nel suo saggio
"Dalla parte dell'uomo":
"Pure l'uomo moderno si sente a diagio, e sempre più
smarrito, lavora, s'industria, ma è oscuramente consapevole di un senso di
futilità nei riguardi della sua attività stessa. Mentre cresce il suo potere
sulla materia, si sente impotente nella vita individuale e nella società.
Mentre crea mezzi nuovi e migliori per dominare la natura, si trova impigliato
in una rete, fatta di quei mezzi appunto; e ha perduto la visione del fine che
solo può conferir loro significato: l'uomo stesso. Mentre diviene padrone della
natura, è diventato schiavo della macchina che le sue stesse mani hanno messo
insieme. Malgrado tutta la sua conoscenza della materia, è ignorante nei riguardi
dei problemi più importanti e fondamentali dell'esistenza umana"
Anche se sono parole scritte a metà del secolo scorso, sono tutt'ora
vive e illuminanti e nostro malgrado profondamente attuali. Riguardo problemi
sociali nel mondo così gravi, la rincorsa al successo velleitaria offerta dai
sistemi economici e sociali atti esclusivamente a produrre per consumare,
alimentare i mercati senza alcun riguardo per gli esseri umani, senza in alcun
modo porre l'uomo prima del profitto,
hanno generato gravità uniche nel mondo che sono lontane nello spazio anche
migliaia di chilometri ma appartengono allo stesso sistema che noi abbiamo
creato, che sponsorizziamo e che illusoriamente crediamo sia il migliore in
assoluto. E' per questo che un gesto di consapevolezza collettiva non è solo
necessario ma urgente.
E' chiaro che in un certo qual modo tendiamo a guardare a
questi gravi ed enormi problemi umanitari, troppo spesso legandoli alla natura
dei luoghi e dei contesti sociali in cui avvengono. In modo indotto accettiamo
che sia un'estrazione a sorte dettata dalla nascita, vivere in un mondo più
adeguato o meno e questo a mio avviso, per noi umanità del terzo millennio deve
essere in linea di principio una condizione del tutto inaccettabile!
E qui ritorna in modo lampante Seneca che ci aveva avvisato:
"Si può perdere la schiavitù esteriore, ma non bisogna
mai divenire schiavi interiormente"
La mia preoccupazione ed anche l'oggetto della mia
osservazione risiede nella domanda: il nostro sistema sociale, sotto alcuni
punti di vista è realmente evoluto? E' libero? A mio avviso no. Il processo
vissuto negli ultimi secoli, l'evoluzione industriale ed economica hanno
migliorato moltissimi aspetti delle nostre esistenze, ma hanno avuto un caro
prezzo come contropartita, un costo che ancora oggi in troppi si rifiutano di
voler considerare. E' chiaro vivido e lampante che la tendenza è stata quella
di un processo di disumanizzazione, della creazione di un uomo macchina ed è
per questo che in molti contesti sociali, compreso il nostro in cui viviamo, vediamo
sempre più il valore della vita umana maltrattato dai numeri e dalle
statistiche. E non vediamo come qualcosa che comporta un'anomalia "qui"
genera atrocità "altrove" nelle logiche profonde delle
interconnessioni.
Occorre con urgenza un risveglio umanitario, un nuovo
umanesimo in grado di risvegliare i cuori e le menti assopite. Bisogna anche
comprendere con un semplice sguardo alla storia millenaria dell'evoluzione
civile umana che tutto è in costante cambiamento, non viviamo in sistemi
sociali definitivi. Occorre pensare, sensibilizzarsi, percepire l'urgenza del
cambiamento, per trovare nuovi sistemi che siano in grado di creare migliore
relazioni tra esseri umani, civiltà, popoli. Occorre un senso diverso. Bisogna
iniziare a capire sotto molti aspetti che serve osservare la vita e viverla con
maggior profondità. E' doveroso afferrare il concetto che non ci sarà mai
libertà nel mondo fin quando un solo uomo e peggio ancora un solo bambino é in
catene. E' l'interesse, la nostra attenzione, la nostra voglia di intervento
collettiva che può cambiare le tendenze. Un solo uomo può far poco solo insieme
riusciamo a rispondere all'urgenza di tale cambiamento.
Per me, uomo del terzo millennio è inaccettabile far crescere
i miei figli in una realtà disumana,
dove i loro coetanei sono costretti a condizioni di vita agghiaccianti, perché
vedere solo quegli occhi (riferimento al documentario proiettato ndr) che ti
guardano e pensare anche soltanto un attimo che quei bambini possono essere,
anzi sono i nostri figli, soltanto
questa percezione ci fa capire realmente in che mondo stiamo vivendo, un mondo
che è doveroso cambiare e che sia vissuto dignitosamente da tutti senza
distinzioni.
Grazie.
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